di Anna Rita Bellini
Ho letto “Piccole donne” da bambina, all’incirca a nove anni; mi piacque molto quella casa piena di libri, di letture, di teatrini. Scoprii che la povertà non faceva rima con ignoranza, anzi poteva contenere il germe del riscatto sociale attraverso i libri; soprattutto mi attiravano la conoscenza e il sapere che aleggiavano nella casa dignitosamente modesta delle sorelle March.
E come una calamita mi attirava Jo, spigliata, intraprendente, anelante libertà di pensiero e di costumi, pronta al sacrificio senza farsi compiangere, triste e addolorata soltanto quando gli altri non potevano vederla.
Seguita la lettura