Marisa Cecchetti su “Vite da raccontare”

di Marisa Cecchetti
da www.lietocolle.it

biografie_copertina_piccolaSono donne significative nell’esperienza e nella storia di altre donne, come recita il sottotitolo, quelle che rivivono in questa raccolta dedicata al ricordo di Eloisa Manciati, intellettuale orvietana che molto si è impegnata per il mondo femminile. Racconti da considerare documenti importanti, perché apportano tessere significative alla conoscenza della cultura del novecento. Escono infatti dalle biografie e dalle interviste momenti di storia passata – la prima, la seconda guerra mondiale, le lotte partigiane, la persecuzione degli Ebrei – ma c’è anche un’apertura su situazioni sociopolitiche lontane, come lo sciopero della fame di prigionieri politici indigeni in Cile, che porta una giovane fino allo sfinimento. Oppure si torna al medioevo per scoprire testimonianze di donne controcorrente, dal pensiero libero, o si recuperano indirettamente notizie di Tolstoj attraverso la nonna Tatjana, secondogenita dello scrittore e lasciata senza diritti sulle opere del padre; ma si seguono anche i drammi dei nostri emigranti nei vicini paesi europei. Ci sono storie di casa nostra, umane e profonde. Si è data la parola a scrittrici di ogni età: il maggior numero di loro appartiene alla seconda metà del novecento ma si va anche oltre, fino agli anni trenta.

Se compaiono l’amica, la zia, la madre, la figura femminile vincente nel ricordo è quella della nonna. Non la nonna stereotipata che sta nell’angolo del focolare, ma una nonna energica, piena di iniziative, di risorse, coraggiosa e accogliente, che insegna la vita fatta di pianto e di gioia, che getta semi importanti per la formazione e per il cuore: “Ognuno pianta un seme nelle persone che incontra. Solo che non puoi sapere con certezza che seme sia”. Nonne che educano all’amore: “E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi l’amore, non sono nulla”.

Sono figure cariche di dignità, che non si sono abbandonate alla disperazione quando non si intravedeva una via d’uscita, che hanno trovato la spinta nei figli di cui si sono sentite responsabili, alcune hanno fatto della cultura il loro punto di forza o sono andate controcorrente, si sono sapute riscattare da un destino scelto dagli altri per loro: “Ma ora tu, quello spiraglio di autonomia che ti sei conquistata, non sei disposta a cederlo”. E ancora: “Mamma, io me ne vado. Non ho più voglia di stare qui, né di sposare quel ragazzo” .

Sono donne che non hanno dimenticato il sorriso, che hanno scoperto la preziosità della vita, che hanno accumulato saggezza e l’hanno diffusa con parole leggere, senza sentirsi vittime, bensì con la fierezza di avercela fatta, anche nel dolore: “Quando mi ha accompagnato in città, che iniziavo la scuola media, erano passati solo due giorni da che aveva accompagnato mio fratello di cinque anni al cimitero. Fino a un certo punto della mia vita mi sono chiesta con terrore dove avesse trovato il coraggio di sorridermi, quella mattina”.

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