Un ricordo di Wislawa Szymborska

di Silvia Manciati

szymborska1Un crampo di tristezza mi prende allo stomaco quando apprendo della morte di Wislawa Szymborska. Come se fosse una di famiglia, una mia amica, una persona cara. Come se nella mia stanza ora manchi la sua presenza; così, all’improvviso. Benché non fosse mai stata nella mia cucina, non si fosse mai poggiata sul davanzale della mia finestra, non abbia mai mangiato seduta al mio tavolo, ha lasciato in qualche modo un vuoto di cui solo ora mi accorgo.

E ricordo.

Ricordo la prima volta che l’ho conosciuta. È stata mia zia a regalarmi il suo libro, con un titolo così intrigante e un nome così impronunciabile: Wislawa Szymborska, Vista con granello di sabbia. Sfogliai quelle pagine giallastre, alla ricerca di qualche parola perlacea e preziosa. Ma niente, a prima vista. Niente a prima vista… Solo parole quotidiane, parole usate, parole frequenti, parole usurate. Chiusi il libro e me ne dimenticai. Poi il giorno più inaspettato ritrovai le sue parole, divenute mie questa volta non dagli occhi, ma dalle orecchie.

Ricordo che c’era il sole, ma era un giorno ben poco allegro. Sotto un angolo di cielo, ricordavamo mia zia Eloisa, scomparsa pochi giorni prima. Ascoltai una poesia da una dolce voce di donna: “Da qui si doveva cominciare: il cielo.” Il mio orecchio si chinò per ascoltare e si inchinò e con lui tutta me stessa. Mi piegai alla morbidezza di quelle parole usate e rinate, alla sconcertante verità del loro essere semplici. Alzai gli occhi al cielo, ed era proprio così: “un’apertura e nulla più, ma spalancata”. Mi ricordai di quel libro giallognolo, abbandonato in chissà qualche scaffale impolverato; tornai a casa e percorsi voracemente la mia libreria, su e giù alla ricerca di quelle parole entrate dal mio orecchio nella parte più profonda di me. Che buffo, pensai, i miei occhi di un tempo si devono essere distratti; ma poi mi sono convinta che la grandezza della sua scrittura aveva bisogno di spazio per entrare dentro me. Una vista da lontano, uno sguardo che accolga ogni più piccolo dettaglio, ogni infinita sfumatura; così rinascono per mano sua le parole, e si ha bisogno di fare un passo indietro per poterne assaporare la grandezza.

Da quel giorno lasciai sempre aperta per lei la mia finestra. La mia rete aveva un solo buco, e lei, proprio da lì, entrò.

Commenti

Inviato da una simpatizzante il 08 febbraio 2012 08:36
complimenti mi e’piaciuto molto.
Inviato da Antonietta Lelario (La merlettaia Foggia) il 08 febbraio 2012 00:33
Commento molto bello per una poeta che amo. E amavo e apprezzavo anche tua zia Eloisa, che ho incontrato nel movimento di autoriforma della scuola. Grazie
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