Ricordo di Eloisa Manciati

di Giuseppe M. Della Fina

Il mio ricordo di Eloisa Manciati può passare attraverso due episodi uno lontano nel tempo, l’altro solo di poche settimane fa. Entrambi presentano aspetti paradossali, al limite della credibilità. Ma i fatti sono andati nella maniera in cui li racconto, forse con qualche lieve inesattezza per quello più remoto.
Dobbiamo tornare ai primi anni Ottanta del secolo scorso e all’atmosfera di quegli anni: al centro del dibattito politico era il confronto nucleare tra gli Stati Uniti e l’Unione Sovietica. Anche ad Orvieto era sorto un Comitato per la pace che provava a sensibilizzare su tali rischi probabilmente – col senno di poi, come accade sempre – con qualche ingenuità e semplificazione. Ma eravamo giovani e può (anzi deve) starci.
Eloisa ed io ci trovammo a gestire insieme alcune iniziative: una con la nostra partecipazione era stata prevista a San Venanzo. Rivedo noi due a bordo di una Citroën Due Cavalli bianca, mentre una sera di autunno percorrevamo la strada verso il Monte Peglia.
Parlavamo tra noi per concordare la scaletta degli interventi: a un certo punto Eloisa iniziò a riflettere sul fatto che avrebbe potuto denunciare, oltre le armi nucleari, anche quelle tradizionali e la violenza che era nel mondo testimoniata, ad esempio, dalla caccia. Ero il più giovane dei due e il meno preparato politicamente, ma osservai: “Eloisa non toccare il tema della caccia; dove stiamo andando, gli uomini sono quasi tutti cacciatori: sarà più difficile farci ascoltare”. Non mi rispose e iniziammo a parlare di altro.

Arrivati a San Venanzo pioveva, ad accoglierci in piazza c’era l’allora Sindaco del paese che rimase subito (ebbi, almeno, questa impressione) deluso dal fatto che i relatori fossimo noi due: ci si aspettava da Orvieto, ben altro personale politico!
Ci avviammo al luogo dell’incontro e la sala era piena: si respirava una bella atmosfera. S’iniziò: qualche convenevole, una battuta, i saluti del Sindaco, l’intervento di Eloisa previsto in apertura.
Chi l’ha conosciuta può immaginare – nonostante la mia raccomandazione – di quale argomento possa avere iniziato a parlare. Dopo qualche minuto, il Sindaco, piano, ad un orecchio, mi chiese: «Questa, cosa sta dicendo?». In verità usò un linguaggio più colorito e diretto. «È solo la premessa, ora arriva al dunque» – risposi per provare a tranquillizzarlo.
Eloisa avvertì l’imbarazzo generale, ma continuò imperterrita. Le persone iniziarono ad alzarsi dalla sedia e ad allontanarsi dalla sala, a quel punto il Sindaco prese in mano la situazione e dichiarò bruscamente che l’iniziativa poteva considerarsi conclusa.
Ci trovammo per strada, soli, silenziosi, continuava a piovere. Saliti in macchina, dopo un po’ – per rompere il silenzio – Eloisa mi chiese: «Secondo te, come è andata?». «Male» – risposi. Dentro di me, invece, stavo pensando: «Che coraggio e quanto mi ha insegnato!».

Il secondo episodio – come ho detto – è solo di qualche settimana fa. Ero a Roma, di corsa, mi aspettavano in una redazione e il treno era arrivato in ritardo. Prendo un taxi: «Devo andare a via Carlo Emanuele I».
Inizio a parlare con il tassista, dopo qualche banalità sul traffico e sul tempo, mi chiede da dove vengo: «Da Orvieto» – rispondo. Sapendo che, probabilmente, mi dirà che vi ha fatto il militare. Tutti tassisti di Roma sembra che abbiano fatto il militare ad Orvieto, altrimenti hanno un fratello o un amico che sono transitati per la Caserma Piave.
L’intuizione non era sbagliata: anche lui vi aveva fatto il militare. Si era trovato bene tanto che – qualche mese dopo – aveva preferito non farsi trasferire alla Cecchignola a Roma. Tra Orvieto e Bolsena aveva lontani parenti di sua madre che non aveva più rivisto e che gli erano stati vicino in quei mesi.
In particolare ricordava un paio di settimane trascorse in Ospedale, sempre ad Orvieto, e una ragazza bella e giovane, figlia di quei parenti, che gli portava un pasto decisamente migliore di quello ospedaliero. Si chiamava Eloisa, ma non ricordava il cognome. Gli ho detto: «Manciati». «Certo» – ha risposto.
Era Lei.

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