Lei così amata

di Laura Ricci

Questo ricordo di Eloisa è stato pubblicato su un mio vecchio blog il 2 luglio 2006, a pochi giorni dalla scomparsa di Eloisa. Non posso fare un link perché, per problemi di spam, ho dovuto chiudere quel blog. Riporto con pazienza il mio post e i numerosi e significativi commenti che ha avuto perché mi sembra un bel modo per dare avvio, nel ricordo di Eloisa, al sito della nostra associazione.

Eloisa Manciati è stata la prima persona che, a Orvieto, mi ha introdotto nella vita pulsante della Città, quando da Roma mi sono trasferita qui con la mia famiglia. Più di vent’anni fa. Ero a scuola – allora la “Luca Signorelli” – quando una mattina, in sala professori, si è avvicinata per propormi di partecipare a una serie di iniziative che si tenevano nell’allora CISEP, il Centro di educazione permanente – negli anni scomparso – che stava nei locali di Piazza Marconi successivamente occupati dal Distretto scolastico. Da allora sono state moltissime le iniziative, le conferenze, i seminari, i laboratori, le letture, i percorsi culturali (e personali) che nel tempo Eloisa mi ha proposto. Con quell’eccesso, quella passione e quel critico entusiasmo che la distinguevano, certo trovando terreno favorevole nei miei percorsi e nelle mie pratiche di vita, nelle mie scelte culturali e curiosità intellettuali.

Di lei mi piacquero subito i capelli rossi e l’eleganza del portamento, quella bellezza strana e mutevole, semplice e nobile, austera e mistica; e soprattutto il nome – Eloisa – l’incantevole storico nome dell’immortale amata-amante di Abelardo che è sempre stata, per me, un’ammaliante e forte riferimento femminile. Poi Eloisa mi spiegò che non era all’ Éloïse di Abelardo che doveva il suo nome, ma piuttosto a quella di Rousseau, a quella “nouvelle Éloïse”, eroina pedagogica delle teorie del grande Jean Jacques a cui suo padre, professore e preside, aveva simbolicamente guardato per la sua missione educativa di genitore. A lei – io che quando l’ho conosciuta praticavo già, per aver avuto delle ave di eccezione, “la differenza” – devo, della differenza, l’elaborazione teorica, l’incontro con la Libreria della donne di Milano e con le filosofe di Diotima. Mia madre, mia nonna e la mia bisnonna, nel segno della differenza femminile mi hanno insegnato a vivere; in quello stesso segno, Eloisa mi ha insegnato a pensare. E sebbene io consideri il vivere di gran lunga superiore al teorizzare, so che quelle teorie servono per avere riferimenti, esemplificare, controbattere, stare coi piedi saldi nel mondo e non essere schiacciate.

Il nostro è stato, come si dice appunto nel femminismo della differenza, un “rapporto politico”: non un’amica con cui andare a spasso, al cinema, prendere il tè, o almeno non solo; piuttosto un riferimento femminile con cui fare ed elaborare conoscenze e cose, costruire opinioni rispetto a un assunto tracciato, scambiare interrogativi e consapevolezze. Silenziosamente sapevamo ognuna la forza e il limite dell’altra, eravamo ognuna all’altra affidabile.

In questi giorni, dopo che ci ha lasciato, la sento ricordare – oltre che per il suo impegno per la Città, la sua coerenza, rigore e generosità – anche per la sua ben nota “sferza”, per il suo forte portato conflittuale. E’ strano, tra me e lei non c’è mai stato conflitto, anche se nelle modalità di operare e di esistere eravamo molto diverse; o chissà, forse proprio per questo. Non so se a lei piacerebbe la dedica di questo post – lei così amata o male amata, lei così schiva – ma io, nel segno dell’amore di Diotima e in una società che generalmente teme di nominare l’amore, glielo dedico lo stesso. Nella fedeltà a me stessa, che anche lei mi ha insegnato, nella mia spontaneità non ho mai avuto paura del suo severo giudizio. E invito tutti e tutte coloro che lo desiderano a lasciare, in qualunque forma espressiva, un ricordo di lei su questo stesso post.

L’ultima volta che l’ho vista è stato a Natale. L’ho incontrata per strada e le ho chiesto quando potevamo vederci per lasciarle il mio regalo. Mi ha detto che doveva partire urgentemente e non l’ho vista più. Io avevo già avuto il suo: l’autobiografia di Rossana Rossanda e gli insuperabili, buonissimi dolci che a Natale confezionava per le amiche. I miei doni per lei erano sempre futili: per contrasto; e poi Eloisa i libri veri li aveva sempre tutti, era sempre la prima a comprarli. Quest’anno le avevo preparato una sciarpa, panna e arancio, uno dei suoi colori preferiti. E’ lì, ancora impacchettata nel mio armadio. Al primo freddo la metterò io, anche se di sciarpe ne ho già tante, troppe; e sarà un modo come un altro per continuare a stare in contatto.

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